Predicibilità e mini invasività nell’approccio chirurgico implantare:il principio di semplificazione in implantologia

Il drastico cambiamento avvenuto negli ultimi anni nel contesto socio-culturale moderno dei paesi più sviluppati ha reso l’aspetto maggiormente invalidante della terapia implantare rappresentato dai lunghi tempi di trattamento e dalla manovre
di incremento dei volumi ossei insostenibile per i pazienti a causa di problematiche legate a fattori lavorativi, funzionali, estetici o psicologici. Anche per questi motivi diversi studi hanno ultimamente riferito come l’eventuale ricorso a dimensioni
implantari inferiori a quelli considerati “standard” possa portare ad un livello elevato di successo clinico. La riconsiderazione di alcuni postulati indicati da P.I. Branemark come
indispensabili per raggiungere un successo a lungo termine ha portato negli ultimi anni a considerare anche la procedura flap-less come possibile fattore di successo oggettivo (non viene in questo protocollo bloccata la ricca vascolarizzazione periostale) e soggettivo per il paziente che quasi sempre non lamenta dolore, edema e sanguinamento con una guarigione dei tessuti molli praticamente immediata.
Oggi, partendo dal presupposto che molte delle valutazioni poste in merito alla dimensioni implantari da utilizzare erano soltanto considerazioni empiriche non suffragate da studi clinici randomizzati e controllati, si tende a verificare anche
se diviene possibile ottenere un successo implantare con l’utilizzo di impianti di lunghezza o diametro inferiore a quelli usati di routine. A maggior ragione lo sviluppo di una superficie implantare bioattiva che determini una stimolazione dell’adesione ossea con aumento del livello di osteointegrazione sino ad un totale del 70-80% e con una riduzione dei tempi di guarigione a livello dell’interfaccia osso-impianto associata all’utilizzo di impianti di dimensioni ridotte può aiutare il clinico a risolvere vari gradi di atrofie ossee senza essere costretti a manovre di chirurgia avanzate.